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sabato 31 marzo 2007

Michael Johnson



Michael Duane Johnson (Dallas, 13 settembre 1967) è considerato da molti il più grande specialista di tutti i tempi nelle gare di velocità prolungata e, in generale, uno dei più grandi atleti di sempre. Detiene i record mondiali nei 200 metri (19.32 secondi), 400 metri (43.18 secondi) e nella staffetta 4x400 (2:54.20, come componente della squadra USA); ha vinto quattro ori olimpici ed è stato per nove volte campione del mondo. Ha detenuto il record del mondo anche nei 400 indoor, con 44"63.
È stato il primo uomo nella storia a vincere i 200 e i 400 metri nella stessa Olimpiade, quella del 1996; sono due invece le donne che hanno portato a termine questa impresa: Valerie Brisco-Hooks nel 1984 e Marie-José Perec nel 1996.

Carriera
Il primo vero successo in campo mondiale arrivò nel 1991, quando Johnson vinse il titolo nei 200 metri ai Campionati mondiali di Tokyo. Alle Olimpiadi del 1992, invece, Johnson non riuscì a qualificarsi alla finale dei 200 metri, a causa di un'intossicazione alimentare, ma vinse l'oro come componente della staffetta 4×400, che stabilì anche il nuovo record del mondo con il tempo di 2:55.74.
Dopo il disappunto per la mancata finale dei 200 metri alle Olimpiadi, Johnson vinse i 400 metri ai Campionati mondiali di Stoccarda del 1993; vinse inoltre un secondo oro nella staffetta 4×400, che stabilì un nuovo record mondiale (2:54.29).
Nei successivi Campionati mondiali di Goteborg, in Svezia, Johnson conquistò la sua prima "doppietta" in un grande evento; egli vinse infatti sia i 200 che i 400 metri e oltre a questo ottenne un nuovo oro come componente della squadra di staffetta.
L'anno successivo Johnson abbassò lo storico record mondiale dei 200 metri dell'italiano Pietro Mennea, portandolo a 19.66 durante i Campionati nazionali USA. Con questa prestazione si qualificò ai Giochi Olimpici di Atlanta, preparandosi all'impresa "impossibile": vincere per la prima volta sia il titolo dei 200 che dei 400 metri. Il 29 luglio vinse facilmente il titolo dei 400 con il tempo di 43.49 secondi, distanziando di quasi un secondo il britannico Roger Black e di 1.04 l'ugandese Davis Kamoga. Il 1 agosto, nella finale dei 200 metri, Johnson corse i primi 100 metri in 10.12 secondi, chiudendo la gara con il tempo di 19.32, incredibile nuovo record del mondo; raggiunse la velocità di 37 km/h. Questo fu il più grande miglioramento del record dei 200 metri in tutta la storia, paragonabile forse nel resto dell'atletica solo al salto in lungo di Bob Beamon alle Olimpiadi del 1968 in Messico.
All'inizio del 1997 Johnson si infortunò durante una gara con Donovan Bailey sulla distanza di 150 metri, con un premio di un milione di dollari per il vincitore; riuscì tuttavia nello stesso anno a vincere il suo terzo titolo mondiale sui 400 metri. Nel 1998 fu colpito da un nuovo infortunio e nella stagione successiva la sua preparazione ai Campionati mondiali di Siviglia fu ridotta a sole quattro gare sui 400 metri, a causa di ulteriori problemi fisici; se non fosse stato per la politica della IAAF di ammettere automaticamente i detentori del titolo ai Campionati mondiali, non sarebbe neppure andato a Siviglia poiché non aveva superato i Trial americani essendo infortunato. Ma guarì perfettamente e vinse così il suo quarto titolo mondiale nei 400 metri con il nuovo fantastico record del mondo di 43.18 secondi. Successivamente corse come ultimo staffettista nella 4×400, aggiungendo qundi il nono oro alla sua collezione.
Johnson concluse la sua favolosa carriera ai Giochi Olimpici di Sydney vincendo i 400 metri e la staffetta 4×400 e portando così il totale dei suoi ori olimpici a cinque. Tuttavia, il conto delle sue medaglie d'oro è destinato probabilmente a scendere a quattro in breve tempo.
Nel 2003 venne rivelato che a Jerome Young era stato consentito di partecipare alle Olimpiadi, dove aveva corso nei turni preliminari della 4×400, nonostante fosse stato trovato positivo agli steroidi a un test antidoping nel 1999. Una corte d'appello della USA Track & Field aveva rigettato la decisione dell'esperto di doping dell'organizzazione, permettendo a Young, nonostante la positività, di partecipare.
Il consiglio della IAAF ha già approvato la decisione di privare la staffetta americana della medaglia vinta; il Comitato Olimpico Internazionale copierà probabilmente questa decisione prima dell'inizio dei Giochi Olimpici 2004.
Johnson ha ottenuto per 22 volte un tempo inferiore ai 44 secondi in gare sui 400 metri. Nei 200, è sceso 17 volte sotto i 20 secondi e 6 volte sotto 19.80. Detiene inoltre il record mondiale sulla distanza atipica dei 300 metri con il tempo di 30.85 (il record precedente era di 31.48).
Michael Johnson è stato probabilmente la figura più nota dell'atletica negli anni '90, rimanendo per gran parte di questo decennio praticamente imbattuto sugli sprint lunghi. Dopo il ritiro, viene spesso utilizzato dalle televisioni come esperto di atletica ed è l'agente del nuovo astro nascente dei 400mt, il bianco statunitense Jeremy Wariner.

Curiosità
Michael Johnson aveva uno stile di corsa inconfondibile, caratterizzato da busto eretto, testa alta, passi corti e poco movimento delle braccia (che gli valse diversi soprannomi tra cui "soldatino di piombo" e "Forrest Gump"). Questo stile, del tutto atipico per uno sprinter, è sempre stato criticato da quanti lo ritenevano, oltre che poco ortodosso, addirittura controproducente. I fatti, e gli eccezionali risultati raggiunti, hanno sempre dato ragione a Johnson.

Frankie Fredericks


nato il 02 ottobre nato 1967 Paese: Namibia Record personali 100 m.: 9,86 s 200 m.: 19,68 s (1996) 200 m. (Indoor): 19,92 (annotazione del mondo) Successi 200 m medaglia di oro - giochi del commonwealth (2002) medaglia d'argento di 200m - Coppa del mondo (2002) medaglia di bronzo di 4x100m - Coppa del mondo (2002) 200 m medaglia di oro - Championships World (1999) 200 m medaglia di oro - Coppa del mondo (1998) medaglia d'argento di 200m - Championships World (1997) medaglia d'argento di 100m - Olympics (1996) 100m supporto record del mondo - Championships World Indoor (1996) medaglia d'argento di 200m - Olympics (1996) 200m record del mondo - Championships World (1996) medaglia d'argento di 200m - Championships World (1995) 200m medaglia di oro - commonwealth Games (1994) 200m medaglia di oro - Championships World (1993) medaglia d'argento di 100m - Olympics (1992) medaglia d'argento di 200m - Olympics (1992) medaglia d'argento di 200m - Championships World (1991) Frankie Fredericks per la critica possiede una delle migliori dinamiche di corsa, sfruttando maggiormente le doti quali l'elasticità e la forza esplosiva, a scapito delle odierne tipologie di velocisti con masse muscolari imponenti. ci auguriamo possa essere di esempio alle generazioni future , sia per il comportamento che per la longevità atletica se consideriamo che alla soglia di 37 anni ha sfiorato di pochi centesimi la medaglia di bronzo Athens 2004. purtroppo alle Olimpiadi non è riuscito a conquistare una medaglia d'oro, sulla sua strada ha trovato vari primatisti mondiali, ho qualche atleta irregolare!!

Carl Lewis


Nel 1984, alle Olimpiadi di Los Angeles, un ragazzotto di 23 anni, dall'aria un po' spavalda, stava per tracciare una pagina indelebile nella storia dell'atletica leggera. A distanza di 48 anni dalle imprese del leggendario Jesse Owens, nelle olimpiadi di Berlino del 1936 davanti agli occhi di Hitler, un altro figlio della nera America eguagliava il primato di vincere 4 medaglie d'oro nelle discipline simbolo dell'atletica: 100 metri, 200 metri, salto in lungo e staffetta 4 per 100. Da quel momento in poi Carl Lewis, come Jesse Owens, divenne per tutti il figlio del vento. Carlton Frederick Lewis si può definire un predestinato; nato il giorno 1 luglio 1961 a Birmingham, Alabama, nel profondo sud degli USA, i suoi genitori William ed Evelyn erano entrambi atleti, tanto che facevano parte della squadra universitaria della locale Tuskegee. Evelyn addirittura partecipò alle Olimpiadi del 1952 di Helsinki, negli 80 metri ad ostacoli. Un vero e proprio segno del destino. Circola una sorta di leggenda sull'infanzia di Carl Lewis; nel 1963 la famiglia si trasferì a Wellingbro, New Jersey, dove William ed Evelyn fondarono un Club di atletica leggera. Molte volte i genitori non avendo una baby-sitter a cui affidare Carl, portavano il bambino al Club e lo lasciavano giocare nella fossa di sabbia della pedana del salto in lungo, mentre loro si dedicavano agli allenamenti. L'attività sportiva di Carl Lewis iniziò dunque nel Club atletico di famiglia; gli inizi furono difficili ma la stoffa c'era, doveva solo crescere fisicamente. A 14 anni la svolta: divenne il miglior saltatore in lungo dello stato del New Jersey. Un giovane così promettente e dalle doti atletiche fuori dalla norma faceva gola a molte università; Carl scelse la Houston University, spinto dalla presenza di un famoso allenatore di atletica, Tom Tellez. Il legame con Tellez fu determinante e gran parte dei suoi risultati, come dichiara lui stesso, sono dovuti a questa collaborazione. Nel 1980, in piena guerra fredda, si svolgevano le Olimpiadi di Mosca: a 18 anni Lewis era riuscito a qualificarsi come componente della 4x100 statunitensi ma dovette rimandare il suo sogno olimpico, vista la decisione del presidente Jimmy Carter di boicottare i giochi. La ribalta mondiale era comunque dietro l'angolo e Carl si fece trovare pronto ai primi appuntamenti importanti; ai campionati del mondo di Helsinki nel 1983 conquistò 3 medaglie d'oro. Negli USA e nel mondo Carl Lewis era per tutti l'erede di Jesse Owens. Le Olimpiadi di Los Angeles dell'anno seguente confermarono la grandezza di Carl Lewis con il già citato record di 4 medaglie d'oro. Il clamore dell'impresa fece di Lewis un personaggio popolarissimo, nel classico stile tipicamente yankee del "self made man". Lo show business non distrasse più di tanto però King Carl che continuava a mietere successi e record; nessuno sembrava in grado di avvicinarsi alle sue prestazioni. Nessuno tranne un certo Ben Johnson. I due si affrontarono nella finale dei 100 metri alle Olimpiadi di Seoul 1988, nella gara che passò alla storia per lo scandalo doping. Lewis corse in 9'92 ma il canadese Johnson trionfò con lo straripante tempo di 9'78. Sembrava l'inizio del declino per Carl, che comunque conquistò la medaglia d'oro nel lungo e l'argento nei 200 metri. Alcuni giorni dopo però Ben Johnson venne squalificato per uso di droghe e a Lewis venne assegnata la meritata medaglia d'oro dei 100 metri. A 30 anni compiuti nel 1991, ai mondiali di Tokyo, Carl Lewis regalò a tutti gli appassionati emozioni incredibili, in due gare destinate alle pagine della storia sportiva. Nei 100 metri non era certo il favorito, ma il figlio del vento nella finale diede sfogo a tutta la sua carica agonistica volando al traguardo con il nuovo record del mondo, 9'86 (i record di Ben Johnson vennero cancellati dalla IAAF). Nel salto in lungo sia Carl che il connazionale Mike Powell erano di fronte ad un muro: il record datato 1968 del mitico Bob Beamon, 8 metri e 90 centimetri. Era il record più longevo dell'atletica leggera. Lewis e Powell si sfidarono in una serie di salti sopra gli 8,80 m. La spuntò Powell con il nuovo limite di 8 e 95, ma Lewis contribuì ad una gara da leggenda. L'anno seguente, il 1992, Carl Lewis difese per la terza volta il suo titolo nel salto in lungo ai giochi olimpici di Barcellona, aggiungendo un altro oro alla sua collezione con la vittoria nella 4x100 USA. Mancava ancora un appuntamento con la storia. Quattro anni dopo Barcellona, nel 1996 ad Atlanta e a 35 anni suonati, Carl Lewis è presente nella finale del salto in lungo. Sono passati 12 anni dal primo successo olimpico a Los Angeles e nessuno crede in una sua nuova impresa. Inoltre nei tre anni che precedettero l'appuntamento olimpico Lewis fu alle prese con una serie di infortuni che, complice la sua età, gli impedirono di essere competitivo anche nella gare veloci, come gli abituali 100 e 200 metri. Prima del sesto e ultimo salto Lewis non si trovava nemmeno in zona podio. Il suo ultimo salto, l'ultimo della sa carriera, non poteva però rimanere anonimo: fra lo stupore e il giubilo generale King Carl balzò al primo posto, conquistando la quarta medaglia d'oro olimpica consecutiva nel salto in lungo. Si congedò dalle scene nel migliore dei modi. Da quel giorno si dedicò alle sue fondazioni benefiche (ben quattro), alla sua linea di moda e alla sua innata passione: la recitazione. Il suo palmares finale alle Olimpiadi vanta: 9 medaglie d'oro e 1 medaglia d'argento, conquistate in 4 diverse edizioni. Molti in questi anni hanno cercato di mettere in cattiva luce la sua carriera; accuse infondate sull'uso di doping e di droghe non hanno però minimamente intaccato la sua fama. Il figlio del vento, l'erede di Jesse Owens, è stato per tutti il più grande interprete dell'atletica leggera; un simbolo, un testimonial nel mondo, un campione indimenticabile.

Pietro Mennea



Pietro Paolo Mennea (Barletta, 28 giugno 1952) è un atleta italiano.
Olimpionico (1980) e detentore del record del mondo dei 200 metri piani dal 1979 al 1996 (con il tempo di 19”72).
Mennea iniziò la sua lunga carriera atletica internazionale nel 1971, quando debuttò ai Campionati europei con un terzo posto nella staffetta 4x100 m. Fece il suo debutto olimpico a Monaco di Baviera, ai Giochi estivi del 1972, dove raggiunse la finale dei 200 m, la specialità nella quale era più forte. Tagliò il traguardo al terzo posto, dietro al sovietico Valeri Borzov e all'americano Larry Black. A questa sarebbero seguite altre tre finali olimpiche nella stessa specialità.
Ai Campionati europei del 1974, Mennea vinse l'oro nei 200 davanti al pubblico di casa di Roma, e si piazzò secondo nei 100 (dietro a Borzov, suo rivale storico) e nella staffetta veloce. Dopo alcune prestazioni deludenti, nel 1976 Mennea decise di saltare i Giochi Olimpici, ma il pubblico italiano protestò, e Mennea andò a Montreal. Riuscì a qualificarsi per la finale, ma vide l'oro finire nelle mani del giamaicano Don Quarrie, mentre a lui rimase un inutile quarto posto. Lo stesso risultato venne raggiunto nella staffetta 4x100, mancando di poco il bronzo. Nel 1978, a Praga, difese con successo il suo titolo europeo dei 200, ma mostrò le sue doti anche sulla distanza più breve, vinta anch'essa. In quell' anno si aggiudicò anche l' oro nei 400 m agli europei al coperto.
Nel 1979, Mennea, studente di scienze politiche, prese parte alle Universiadi, che si disputavano sulla pista di Città del Messico, posta ad alta quota. Il tempo con cui vinse i 200, 19"72, era il record del mondo. Anche se questo record resistette per 17 anni, viene spesso svalutato dal fatto che fu ottenuto correndo ad alta quota (va comunque fatto notare che Mennea detenne anche il record del mondo a livello del mare dal 1980 al 1983 con 19"96, tempo stabilito nella sua città natale, Barletta). Il record venne battuto da Michael Johnson agli US Trials per le Olimpiadi del 1996.
In quanto detentore del primato mondiale, Mennea era senz'altro uno dei favoriti per l'oro olimpico a Mosca anche a causa del boicottaggio statunitense delle Olimpiadi del 1980. Nella finale dei 200, Mennea affrontò il campione uscente Don Quarrie e il campione dei 100 Allan Wells. Wells sembrò dirigersi verso una vittoria netta ma Mennea gli si avvicinò sul rettilineo e lo sopravanzò negli ultimi metri, aggiudicandosi l'oro per 2 centesimi di secondo. Si aggiudicò anche il bronzo con la staffetta 4X400.
Il 22 marzo 1983 stabilì sulla pista del Comunale di Cassino il record mondiale (manuale) dei 150 metri piani, con 14.8 secondi. Questo record è tuttora imbattuto.
Mennea, soprannominato la Freccia del Sud, annunciò il suo ritiro concedendosi più tempo per lo studio. Comunque ritornò sui suoi passi e vinse la medaglia di bronzo nei 200 e quella d'argento con la staffetta 4X100 nella prima edizione dei Campionati del mondo di atletica leggera di Helsinki 1983. Un anno dopo, scese in pista nella sua quarta finale olimpica consecutiva dei 200, primo atleta al mondo a compiere tale impresa. In quest'occasione, anche se campione uscente, terminò al settimo posto e, a fine stagione, si ritirò dalle competizioni per la seconda volta. Ancora una volta, Mennea fece il suo ritorno e gareggiò nelle sue quinte Olimpiadi a Seul ma questa volta, sempre nei 200, non riuscì ad andare oltre le batterie.
Dopo essersi laureato in giurisprudenza, scienze politiche e scienze dell'educazione motoria, oggi Pietro Mennea esercita la professione di avvocato e di docente universitario di diritto dello sport. È stato eletto al Parlamento Europeo nel 1999.
Nel 2006 ha dato vita insieme alla moglie Manuela Olivieri alla Fondazione Pietro Mennea Onlus per la Ricerca e lo Sport, con lo scopo primario di carattere filantropico, ossia effettuare donazioni costanti nel tempo ed assistenza sociale ad enti caritatevoli o di ricerca medico-scientifica, associazioni culturali e sportive, attraverso progetti specifici e concreti. Lo scopo secondario è di carattere culturale, e consiste nel diffondere lo sport ed i suoi valori, nonché promuovere la lotta al doping, che è diventata una triste piaga per lo sport e la nostra società.

Bob Hayes


Bob nacque il 20 Dicembre del 1942. Era alto e poderoso fin da giovane (1,90 x85 Kg). Non era sicuramente un atleta elegante, ma era mostruosamente potente. Il suo primo e più importante sport fu ovviamente il Football Americano che gli consentì di guadagnarsi una borsa di studio alla Florida University e che dopo il ritiro dall’atletica gli fece guadagnare dollari e gloria con i Dallas Cowboys. Di fatto la maggiore parte della carriera atletica di Hayes si sviluppò durante gli anni al college e ruotò sempre attorno al football. A 18 anni e 5 mesi si fece notare per un 9”3 sulle 100 yards che uguagliava l’allora record del mondo ma non fu mai ratificato. Successivamente nel 1962 subito a inizio stagione Hayes eguagliò il record del mondo sempre sulle 100 yards che nel frattempo era stato portato a 9”2 da Frank Budd. La prestazione non fu omologata perché la pistola dello starter non era del calibro previsto! Successivamente corse la distanza in 9”3 durante un meeting per soli atleti di colore e anche in questo caso ci furono degli arrotondamenti in quanto il tempo rilevato dai cronometristi fu di 9”0/9”1 ma per il fatto che il meeting era solo per i neri e pure tutti i giudici erano neri nessuno avrebbe creduto al risultato! Hayes comunque in quella stagione vinse i campionati americani davanti a gente del calibro di Herry Jerome e Ira Murchison. Nel 62 Hayes fu sconfitto sui 100 metri solo una volta da Jerome (ma non fu mai battuto in una gara di 100 yards…) Bob apri subito col botto la stagione '63 con un 20”5 sui 200 (record del mondo eguagliato) e con 20”5 anche sulle 220 yards (che valeva 20”4 sui 200) dopodichè Hayes mise il sigillo su due prestazioni di valenza storica. La prima fu il 27 Aprile quando corse il primo 100 metri della storia sotto i 10” netti seppure con leggero vento a favore. (9”9 a Walnut battendo Henry Carr e John Gilbert). La seconda fu quando stabilì finalmente il record del mondo sulle 100 yards ai campionati americani con 9”1 sia in semifinale che in finale. Il 1964 era anno olimpico e il grande Bob si cimentò anche sulle gare indoor dove corse le 60 yards per ben 5 volte in 6”0. Fra di queste ricordiamo un 5”99 elettrico a New York (che però non faceva testo a quei tempi) secondo in quel giorno giunse il giovane Charlie Greene che fu bronzo alle Olimpiadi del Messico nel 68. La stagione all’aperto vide Hayes correre ancora le 100 yards in 9”1 in un paio di occasioni ma in entrambi i casi i tempi non furono omologati (una situazione ricorrente nella carriera di Bob). Ai trias americani vinse i 100 metri in 10”1 e fu terzo nei 200 ma diede il suo posto a Henry Carr (che poi a Tokio vinse…) A Tokio in ottobre si celebrarono l’apice e purtroppo anche l’atto finale della breve carriera di “Bullet” Bob Hayes. Dominò i turni eliminatori con impressionante facilità. Il 15 ottobre alle 10 di mattina corse la semifinale in 9”91 con un forte vento a favore e questo fu il primo tempo “elettrico” mai corso sotto i 10”00. In finale Bob si superò ed è difficile descrivere la sua impresa. Gli fu sorteggiata la prima corsia che era distrutta e che dovette essere livellata visto che la precedente gara era la 20 Km di marcia (ricordiamo che allora le piste erano in carbonella) Ma quel giorno non ce n’era per nessuno e Bob vinse in 10”06 (poi arrotondato a 10”0) dando 19/100 di distacco al secondo classificato il cubano Figuerola. Terzo giunse Harry Jerome. Non era finita qui, il meglio si vide durante la staffetta 4 x 100 dove all’ultimo cambio gli USA erano dietro di 3-4 metri e quando Bob prese in mano il testimone qualcuno tra gli osservatori presenti descrisse la scena con le seguenti parole ”Giù in pista, Bob esplose in una eruzione di potenza e velocità che non si erano mai viste prima…” Hayes dopo 40 metri aveva già ripreso quelli davanti e giunse al traguardo con 3 metri di vantaggio su tutti. Tempo finale 39”0 Nuovo record del mondo! Una rimonta incredibile che qualcuno tento di quantificare con un 8”6/8”7 sui 100 lanciati. Tra l’altro Bob corse la finale con delle scarpe prese in prestito da qualcun altro in quanto si accorse solo allo stadio di averne persa una delle sue (finita sotto ad un letto durante una goliardata in camera con Ralph Boston e Joe Frazier (il lunghista ed il pugile ndr.) Fu l’ultima gara di Bob che al ritorno da Tokio firmò per i Dallas Cowboys dove iniziò una carriera lunga 11 stagioni colma di record e successi. Nel 1972 quando i Dallas Cowboys vinsero il Superbowl, Bullet Bob divenne l'unico uomo ad aver vinto un oro olimpico e un Superbowl. Il record è tutt'ora imbattuto! In molti ancora si chiedono cosa avrebbe potuto fare Bob Hayes con i metodi di allenamento, i materiali, l’alimentazione ed i soldi di adesso. Bob chiuse la sua carriera di sprinter a 22 anni non ancora compiuti, si allenava durante le pause di campionati di football e gareggiava prevalentemente su piste di carbonella o tennisolite. Una volta lui stesso ammise che avrebbe potuto abbassare i suoi tempi di un paio di decimi se solo avesse continuato a correre. Di certo sarebbe stato interessante vederlo in azione in Messico 4 anni dopo quando si corse in altura e su pista in sintetico…considerati questi vantaggi e 4 anni di allenamenti e di esperienza sulle spalle Bob avrebbe potuto fare sfracelli dei record di allora. Senza fare tante considerazioni numeriche pensiamo solo che il record stabilito da Jim Hines in Messico 68 (9”95) fu battuto solo dopo 15 anni da Calvin Smith e sempre in altura (9”93 Colorado Springs 1983). Successivamente al suo ritiro avvenuto nel 1976 Bullet Bob visse ancora per un po' a Dallas per poi tornare nelle “swamps” di Jacksonville in Florida, suo paese natale. Li, in condizioni sempre più difficili lottò contro alcool e droga tentando con scarsi successi di disintossicarsi per ben 3 volte. Hayes si spense il 18 settembre del 2002 a seguito di un male incurabile alla prostata lasciando 5 figli. Nonostante l'iscrizione del suo nome nella National Track & Field Hall of Fame nel 1976, il suo unico e grande rimpianto fu il mancato inserimento nella Pro Football Hall of Fame a causa di una detenzione di 10 mesi sempre legata agli stupefacenti. Successivamente lo stesso Hayes scrisse nella sua autobiografia (Run, Bullet, Run: The Rise, Fall, and Recovery of Bob Hayes): "That destroyed my life."

Jesse Owens


Per qualcuno è stato il più grande personaggio sportivo del XX secolo. Per altri è un'icona, il simbolo stesso dei Giochi Olimpici. James Cleveland Owens, chiamato Jesse dalle iniziali J.C., prima di diventare un vero e proprio mito dell'atletica leggera, ha modo di compiere diversi umili lavori, dal lustrascarpe al fattorino, dal giardiniere al gelataio. Nato il 12 settembre 1913 a Oakville, Alabama, a 8 anni si trasferisce con la famiglia a Cleveland, nello stato dell'Ohio. All'inizio della sua storia Jesse conosce miseria e povertà, e vive secondo la filosofia di "arrangiarsi per vivere", come altri milioni di ragazzi neri nel periodo della depressione americana. Jesse Owens mostra fin da giovane un evidente talento per le discipline sportive. Non possiede i soldi per comprarsi costose attrezzature per praticare altri sport diversi dall'atletica leggera, così si dedica alle discipline della corsa. Negli USA è il periodo caldo della segregazione razziale quando nel 1933 Owens è costretto ad alcune difficili esperienze: vive all'esterno del campus universitario con altri atleti afro-americani, nei viaggi con la squadra sportiva pranza in ristoranti per soli neri. Nel periodo degli studi Jesse continua a lavorare per pagarsi l'università. Nell'anno che precede le Olimpiadi che lo faranno assurgere a re dell'atletica, il 25 maggio 1935 ai campionati del Middle West presso l'Università del Michigan, Owens sbalordisce l'intero paese e fa conoscere il suo nome oltreoceano. In quello che nella sua autobiografia, "The Jesse Owens Story", lui definisce day of days, Jesse Owens (scende in pista all'ultimo momento perché reduce da un infortunio alla schiena) in un lasso di tempo inferiore ad un'ora eguaglia il record mondiale nei 100 metri, stabilisce quello nel salto in lungo (con 8,13 metri è il primo uomo a superare la misura degli 8 metri), vince la gara dei 200 metri e quella dei 200 metri a ostacoli. Il suo nome è legato a doppio filo con la storia per le circostanze che lo hanno visto campione e atleta-simbolo delle Olimpiadi di Berlino del 1936, e protagonista insieme a Hitler di un famoso episodio. Ai Giochi Olimpici Owens vince ben 4 medaglie d'oro: nei 100 metri (stabilisce il record mondiale: 10,3''), nei 200 metri (record olimpico: 20,7''), nel salto in lungo (record olimpico: 806 cm) e nella staffetta 4 x 100 (record mondiale: 39,8''). Bisognerà attendere 48 anni, alle Olimpiadi di Los Angeles 1984, per vedere un altro uomo, l'americano Carl Lewis, capace di ripetere l'impresa di Owens. Per Hitler i Giochi furono l'occasione per propagandare gli ideali del "Terzo Reich" e per dare valore e risalto alla superiorità della razza ariana. Lo stesso fuhrer fu presente sulle tribune dell'Olympiastadion, gioiello architettonico con una capienza di 100 mila posti, quando Owens vinse le sue gare, ma narra la leggenda che si rifiutò di stringere la mano ad Owens. In questo contesto vi è un altro episodio che ha delle caratteristiche commoventi per il suo tragico epilogo: Luz Long è l'atleta tedesco per cui Hitler stravede e su cui la Germania conta per la vittoria nella gara del salto in lungo. Nel periodo che precede la gara, sul campo, vengono gettate le basi di quella che sarà una sincera amicizia tra l'atleta americano e il tedesco Long. Owens sbaglia due dei tre salti di qualificazione. Prima del terzo salto è proprio Luz Long, che conosce bene la pedana, a suggerire a Owens di anticipare la battuta e permettergli così di superare la misura di qualifica. Dopo la conquista della medaglia d'oro di Owens, Long è il primo a congratularsi. Negli anni seguenti i due si manterrano in contatto scrivendosi più volte. Negli anni della guerra Long è ufficiale dell'esercito tedesco: si trova in Italia, a Cassino, quando riceve la notizia che la moglie ha dato alla luce suo figlio. Nell'occasione scrive a Owens una lettera nella quale chiede all'amico di far sapere a suo figlio, in futuro, semmai la guerra fosse finita, di quanto sia importante l'amicizia nella vita e di come essa sia possibile nonostante gli orrori e le divisioni che la guerra comporta. Luz Long morirà il 14 luglio 1943 dopo essere stato gravemente ferito nella famigerata battaglia di Cassino. A guerra finita Owens impiegherà diverso tempo a rintracciare la famiglia dell'amico. Trascorsi diversi anni, Owens sarà presente al matrimonio del figlio di Long in qualità di ospite d'onore. Jesse Owens, il lampo d'ebano, come molti giornali l'avevano ribattezzato, è morto di cancro ai polmoni all'età di 66 anni a Tucson (Arizona) il 31 marzo 1980. Nel 1984 alla sua memoria è stata dedicata una strada di Berlino.

24 - 25 Settembre 2006 (Marano di Napoli)







20 -21 Maggio 2006 (C.D.S Assoluti)












Allenamento stagione 2006/07